Il nome rivela già l’intenzione: attenersi alla classicità della cucina partenopea. Ma poi in tavola arrivano piatti che quella classicità la superano, impiegando però le migliori materie che la Campania può offrire.
Il Sartù, ristorante nel cuore del Vomero, realizza un bel sogno per tutti coloro che in quel quartiere vivono: non essere costretti necessariamente ad allontanarsene per mangiare molto bene e gustare una cucina lontana dalla banalità e dalla sciatteria.
La sala è accogliente, rilassante, arredata con colori caldi e neutri e una boiserie che ospita libri di gastronomia e bottiglie di vino. Sobria ma non fredda, mette subito a proprio agio, come fa il personale, cordiale e attento, e la musica tenuta rigorosamente in sottofondo e comunque di prima scelta.
Il menu spazia dalla tradizione più radicata e persino popolare (la frittata di scammaro, il peperone imbottito) alla nobiltà dell’alta cucina partenopea (il sartù nelle sue diverse versioni) per prendersi qualche licenza con tocchi di originalità in piatti come l’imperdibile tagliolino con crudo di tonno, porro tostato e limone, o nei dolci, che spesso si ispirano a ricette storiche per tradirle, almeno nell’aspetto esteriore, come accade, per esempio, per la civettuola zuppa inglese alla napoletana, in cui un tocco di caffè fa la differenza.
Il giovane chef Mauro Buonanno sa bene il fatto suo, ed è capace di alleviare il peso (per quanto piacevole) dei piatti canonici ma anche di sorprendere con grazia gentile. E i suoi piatti, oltre che buoni, sono anche gradevoli alla vista, secondo i dettami di una contemporaneità che vuole che si mangi prima con gli occhi e poi con la bocca.
Eppure niente sembra gratuito, non si colgono inutili orpelli o vezzi da superchef: la cucina si mantiene solida e autentica, mai stucchevole. E, dettaglio non certo secondario, fa del rispetto della stagionalità un principio imprescindibile; gran parte delle materie prime proviene dall’orto di proprietà situato nella zona di Roccamonfina, molte altre sono Presìdi Slow Food e del resto Buonanno fa parte, appunto, dell’Alleanza dei cuochi di Slow Food.
Una menzione particolare va, oltre che ai tagliolini, al risotto con pane, burro di bufala e colatura di alici di Cetara, al polpo croccante con fagiolini, patate novelle e salsa di rucola e ancora a uno spaghetto alla Nerano che utilizza per la mantecatura provolone del monaco, cacioricotta di capra e pecorino bagnolese, senza risultare aggravato dalla pletora di formaggi.
Non mi resta che assaggiare la genovese, che mi rifiuto regolarmente di mangiare nei ristoranti perché la trovo costantemente insoddisfacente, e infine lamentarmi del fatto che, purtroppo, il Sartù non sia aperto anche a pranzo…
Sartù ristorante
via S.Gennaro al Vomero 13
Napoli
Tel.: 331 881 0666
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