È una tradizione locale, risalente a tempi in cui l’autostrada era di là da venire e qui in Irpinia, dalle parti di Venticano, passava la via del sale che collegava Roma a Margherita di Savoia, in Puglia. L’allevamento dei maiali era molto diffuso nella zona, così l’addizione fu presto fatta: maiale più sale = prosciutti.
Quella che all’epoca era solo una pratica diffusa ispirata dalla disponibilità della materia prima e dalla necessità della sua conservazione, è diventata, col tempo, un’attività fiorente, moderna e certamente non più solo invernale, anche grazie a Vittorio Ciarcia, che nell’azienda di famiglia diede impulso alla lavorazione del maiale per tutto l’anno e impiantò le prime celle frigorifere: a lui è intitolato lo stabilimento di Venticano in cui la famiglia Ciarcia produce, oggi, circa 60000 pezzi all’anno, tra prosciutti e “gocce irpine” (ottenute dalla lavorazione della natica disossata e privata di cotenna, come il culatello).
Oggi il prosciutto irpino è incluso nell’elenco dei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) della Regione Campania; la materia prima locale non è più sufficiente a soddisfare le necessità della produzione, per cui, qui da Ciarcia, si utilizzano maiali di razze italiane accuratamente selezionati e, da qualche anno, il maiale nero casertano.
I Ciarcia non sono né allevatori né macellatori, ma stagionatori: nel moderno stabilimento che nel 2002 ha preso il posto della piccola struttura precedente, iniziano il loro lavoro a partire dalle cosce del suino, che vengono salate da un maestro salatore, a mano, in quanto solo l’esperienza e la sapienza possono suggerire quale sia la quantità giusta di sale da utilizzare.
Cosparse, strofinate e massaggiate, le cosce vengono ripulite dopo una settimana e di nuovo salate, quindi, appese su telai, passano in celle di stazionamento a temperatura e umidità controllate in cui il sale si scioglie lentamente, penetra nella carne e, gradualmente, la disidrata (la parola “prosciutto” si lega etimologicamente a “prosciugare”).
Le celle hanno temperature crescenti: le cosce di maiale stazionano dapprima in quelle più fredde e ventilate, che ricreano le condizioni dell’inverno, durante il quale, un tempo, si lavorava il maiale e, con la ventilazione forzata, favoriscono la perdita d’acqua. Poi, dopo circa 90 giorni, vengono dissalate, lavate e asciugate. A questo punto hanno perso circa il 16% del loro peso iniziale, il sale è stato assorbito, ed è il momento di aiutare il prodotto a sviluppare i suoi aromi e sapori: la temperatura sale intorno ai 15° per arrivare fino a 18.
Cominciano le lente fasi di prestagionatura (tra i 3 e i 7 mesi) e di stagionatura (tra 7 e 12 mesi), durante le quali le cosce perdono circa il 30% del loro peso. Nel corso della stagionatura, i prosciutti vengono ingrassati, cospargendoli a mano di strutto mescolato con farina di riso e pepe, in modo che la parte magra si ammorbidisca e che l’essiccazione e la maturazione avvengano in modo omogeneo e graduale.
12 mesi è la stagionatura minima per commercializzare il prodotto, che però diventa PAT soltanto dopo una stagionatura di 18. Alcuni prosciutti vengono portati fino a 24 mesi. Poi finiscono sulle tavole dei ristoranti e in botteghe della piccola e media distribuzione: Nicola Ciarcia, il figlio di Vittorio, che ci accompagna nel nostro tour all’interno dell’azienda, ci tiene a dire che i Ciarcia non mirano a diventare un’industria e ad entrare nella grande distribuzione.
Intanto, però, questa piccola realtà irpina, nata da una produzione artigianale e familiare, è diventata un punto di riferimento, in Campania, e, oltre ai classici prosciutti, va assaggiata assolutamente la sua “Goccia irpina”, dolce, profumata e “fondente”, che è, forse il prodotto che mi conquista di più.
Da visitare il bellissimo punto vendita, in cui, oltre ai prodotti dell’azienda, si possono acquistare molte prelibatezze campane di ogni genere: pasta, formaggi, conserve, vini.
Prosciuttificio Vittorio Ciarcia
Contrada Ilici, Zona P.I.P.
83030 Venticano (AV)
Tel. 0825.96.53.09
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