Prodotti, produttori

Tesori di un territorio: la Sbecciatrice, i legumi e il pomodoro riccio

Si parla spesso del ritorno dei giovani all’agricoltura: la Sbecciatrice, azienda agricola dell’Alto Casertano, ne è un esempio perfetto: un laureato in sociologia decide di riprendere a coltivare la terra,  come facevano i suoi nonni ma non i suoi genitori, lavoratori dipendenti. È una sorta di apologo, una rappresentazione di certi mutamenti sociali e culturali che hanno caratterizzato gli ultimi 60 – 70 anni della vita italiana.

Ovviamente nel frattempo consapevolezza e tecnologia sono cresciute, e qualche ideale si è insinuato in quella che una volta era un’attività di pura sussistenza. Così, Domenico Barbiero, con suo fratello Lino, ha scelto di dedicare la sua azienda agricola al recupero e alla valorizzazione di varietà locali poco conosciute se non nella ristretta cerchia dei contadini della zona, come il pomodoro riccio, il fagiolo lenzariello e il fagiolo curniciello, detto anche munaciello: varietà i cui semi erano custoditi dalle famiglie dell’area che le coltivavano per se stesse.

Fagioli lenzarielli (bianchi) e fagioli curnicielli.

Siamo a Villa Santa Croce, frazione di Piana di Monte Verna, a circa 500 metri sul livello del mare. Qui si è sempre vissuto di agricoltura e di pastorizia; negli ultimi anni la seconda è andata scomparendo, mentre gli ecotipi coltivati localmente non hanno mai beneficiato della luce dei riflettori. Devono aver pensato a questo, Domenico e Lino, quando hanno cominciato la loro ricerca sui semi antichi di quei legumi e di quei pomodori che in famiglia non mancavano mai, serviti anche nell’osteria gestita fino agli anni ’70 dalla loro nonna, che stivava le bibite in quel piccolo locale occupato oggi dal minuscolo ufficio dell’azienda e che ancora adesso conserva il nome di “stanza di gassosa”.


Così, nel 2012, è nata La Sbecciatrice, prendendo il nome da quello di una macchina agricola – la svecciatrice – nella sua versione dialettale, e i semi dalle famiglie contadine dei dintorni, e accarezzando un po’ il sogno di dare lustro e identità a ciò che nella zona si produceva da sempre, trasformandolo perché potesse viaggiare oltre i confini della regione.

Il pomodoro riccio, coltivato in aridocoltura, viene prodotto secondo i dettami dell’agricoltura biologica. Seminato tra febbraio e marzo, si trapianta a maggio e si raccoglie tra luglio e agosto, su circa un ettaro di terreno argilloso, che mantiene l’umidità negli strati inferiori. Nessuna irrigazione viene effettuata: aumenterebbe la produzione ma ne ridurrebbe la qualità e i valori nutrizionali.

È un pomodoro costoluto e dalla buccia sottile che va raccolto nelle prime ore calde del giorno, quando non c’è umidità, poi viene steso sulla paglia ad asciugare, operando una prima selezione, e dopo 3-4 giorni viene nuovamente selezionato per essere poi trasformato in passata, passata con pomodorini, pacchetelle in acqua e sale e in una versione tutta naturale del ketchup che è ancora in attesa di battesimo definitivo.

Il fagiolo lenzariello, invece, che veniva coltivato in piccoli appezzamenti in montagna che in dialetto si chiamano “lenze ‘e terra”, di solito in consociazione con il mais, non subisce alcun trattamento, nemmeno quelli consentiti dall’agricoltura biologica. È quindi un prodotto completamente naturale con delle caratteristiche eccezionali: recentemente è stato oggetto di due tesi di laurea che ne hanno evidenziato le straordinarie virtù, la ricchezza di calcio, ferro, magnesio, zinco e quindi l’alto valore nutrizionale.


Viene seminato tra aprile e maggio e raccolto in agosto: le piante si estirpano a mano quando, nel momento di massima crescita, cominciano a seccare, quindi le si dispone a terra, su un telo, e si battono per fare uscire i fagioli. Tutto il processo è manuale.


Di aver conferito un’identità riconoscibile a questo legume digeribile e dalla buccia sottile, ignoto a tutti, Domenico va particolarmente orgoglioso, soprattutto adesso che gli studi condotti sulle sue proprietà ne hanno attestato l’unicità. Nel laboratorio dell’azienda, lo confeziona lessato con alloro e sale di Trapani, e consiglia di consumarlo nella maniera più semplice possibile, servendolo in zuppa con la sola aggiunta di olio di qualità e di cipolla fresca, su qualche fetta di pane.

Il fagiolo curniciello, detto anche munaciello per il suo colore bruno che ricorda quello di un saio, è l’ultimo figlio della ricerca de La Sbecciatrice: il seme è stato recuperato in un vaso e riprodotto, e solo dallo scorso anno si è ottenuta una produzione sufficiente a commercializzarlo.

Baccello di cece

Accanto ai fagioli e ai pomodori, l’azienda coltiva e trasforma i ceci bianchi delle colline caiatine, più noti e più diffusi, attestati nella zona da almeno cento anni, e i ceci neri, originari delle Murge, unico ecotipo non locale.

I campi, lasciatevelo dire da chi li ha girati in un caldo giorno di luglio appollaiata sul cassone di un trattore, sono incantevoli, inseriti in quel paesaggio del casertano così verde quando è verde, bello di una bellezza inconfondibile e dotato di un’identità tutta sua. E far risorgere pratiche dimenticate e prodotti confinati, in passato, nell’anonimato, richiede una grande passione, ma anche l’intelligenza di chi approda all’agricoltura avendo seguito percorsi non tradizionali, con nuove competenze e idee ancora fresche, antiche eppure rivoluzionarie.

Azienda Agricola La Sbecciatrice
via Villa Santa Croce 139 – Piana di Monte Verna (CE)
info@lasbecciatrice.it
Tel.: 339 121 6016

Informazioni sull'autrice

giovanna esposito

Napoletana, scrivo di cibo dal 2008; ho cominciato con un blog di cucina, Lost in kitchen, poi, dal 2011 al 2016, sono stata tra i redattori del web magazine Gastronomia Mediterranea.
Nel 2015 ho pubblicato per Guido Tommasi Editore il volume "Gli aristopiatti. Storie e ricette della cucina aristocratica italiana", scritto a quattro mani con Lydia Capasso e illustrato da Gianluca Biscalchin. Con la stessa "squadra", ho pubblicato nell'aprile 2017 "Santa Pietanza. Tradizioni e ricette dei santi e delle loro feste". A settembre 2017 è uscito il piccolo ricettario "Pasta al forno", scritto con Lydia Capasso e con fotografie di Virginia Portioli, sempre per i tipi di Guido Tommasi.
Sono maestra assaggiatrice Onaf.

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