Parliamoci chiaro: lo abbiamo capito che anche al sud siamo diventati bravini a confezionare panettoni. Di ogni specie e natura, dal classico al più eccentrico. Ma, pur apprezzando gli abili pasticcieri che hanno mostrato, adottando questo dolce milanese, tutto il proprio virtuosismo, l’onnipresenza del panettone sta diventando un pochino invadente.
All’elenco di coloro che si danno alla preparazione intensiva di panettoni in periodo natalizio mancano giusto il mio portinaio e il tabaccaio all’angolo. Per il resto, nessuno nega a se stesso un tour de force di lievitazioni e infornate, con risultati, ammettiamolo, non sempre rilevanti.
Pare che l’oblio abbia invece avvolto tutti i dolci della nostra tradizione delle feste di fine anno. Non sono trendy, non interessano, non acchiappano. Ogni casa che si rispetti deve esibire un lievitato meneghino, sia pure preparato a Canicattì, come fiore all’occhiello, quasi in funzione decorativa. E un pasticciere o un fornaio che non ceda alle lusinghe a base di canditi e uvetta finisce per apparire come un passatista fuori dal mondo, oggetto di disprezzo e commiserazione.
Perciò non posso che esprimere la mia gratitudine a coloro che si sono rammentati che c’è altro, al di là del panettone. Che, per esempio, accanto ai dolci natalizi come roccocò, susamielli, sapienze, mustaccioli, raffioli, paste reali (tutti ormai guardati con indifferenza se non sospetto), qui a Napoli nelle feste si è sempre mangiata la cassata. E chi se ne è ricordato ha anche provato a reinterpretarla, proprio come si fa con il panettone, dando vita ad alcuni esperimenti con minore o maggiore aderenza al modello originale.
Pasquale Pesce, esponente di una famiglia di dolcieri che opera in quel di Avella da quattro generazioni, ha creato la cassata avellana, intervenendo con mano gentile e senza prevaricazione sul dolce ispiratore: ottima ricotta di pecora, come tradizione vuole, ma, al posto della glassa, fianchi nudi e una copertura di nocciole mortarelle, prodotto tra i più tipici della zona, che conferisce a questa originale versione della cassata un gusto specialissimo. Il risultato finale è delizioso.
In direzione della reinvenzione vera e propria procede invece Mario Di Costanzo, pasticciere nell’attività di famiglia sita a Napoli in Piazza Cavour, che della cassata fa una torta moderna, battezzata Cassata Nera, con pan di Spagna alle mandorle, croccante alle mandorle, ricotta di pecora, gelatina di arance semicandite e una glassa di cioccolato fondente al 72%. La cassata è qui più un’ispirazione che un modello da seguire, ma il risultato è comunque eccellente.
Che sia arrivato il momento di gloria degli altri dolci natalizi, da qualche tempo negletti?
Sembra suggerirlo anche il duplice esperimento di Eduardo Estatico, talentuoso chef del JKitchen di Capri, che, nel corso di un pranzo-evento dedicato alle ricette del Natale tenutosi presso la SorrentinoVini, ha proposto degli struffoli immersi in una delicata crema al mandarino (nella foto di apertura) e un roccocò completamente ripensato sotto forma di mousse, ricoperto di cioccolato bianco e con una copertura a spruzzo effetto velluto.
A dimostrare che anche senza capriole con i lieviti si può dare veste nuova al classico, giocare con esso e riproporlo ad un pubblico che sembra sempre più affascinato dalla novità.