“Il primo sorso affascina, il secondo… Strega”: erano gli anni’60, e Sylva Koscina appariva più bella e seducente che mai nelle immagini in bianco e nero in cui il vivace colore del liquore non poteva risaltare. Altre volte era il grande Walter Chiari a recitare: “Mette fine ad ogni bega un bel brindisi con Strega”. Carosello era dominato da quel distillato italiano che prima ancora aveva imperversato sui manifesti pubblicitari, realizzati talvolta da grandi artisti e che sempre avevano segnato (e riflettuto) un’epoca.
Il liquore Strega è più vivo che mai, esportato in mezzo mondo; è passato all’incirca un secolo e mezzo da quando venne ideato il distillato dal caratteristico colore giallo vivo che prende il nome dalle leggendarie streghe che a Benevento, città in cui è nato e viene ancora prodotto, si riunivano a celebrare i loro riti intorno a un mitico e gigantesco noce.
Nello storico stabilimento nei pressi della stazione ferroviaria, risalente al 1870, gli antichi locali di produzione sono diventati sede di una piccola esposizione che ricostruisce il cammino dell’azienda, e nei nuovi locali si è affiancata nel tempo alla lavorazione del liquore quella di torroni, prodotto tradizionale del territorio, cioccolatini, croccantini e praline, in una gamma che va ampliandosi costantemente.
Giuseppe Alberti, nonno del nonno di coloro che oggi guidano l’azienda, rimasta quindi nelle mani della famiglia che la creò, era figlio di uno speziale e cioccolatiere di idee liberali che, dopo essere stato rinchiuso nel carcere borbonico di Montesarchio proprio a causa di quelle idee, decise di trasferirsi da Napoli a Benevento in cerca di lidi più sicuri, giacché la città era a quei tempi sotto il dominio dello Stato Pontificio.
Dall’iniziale commercio di vino la famiglia si dedicò poi alla produzione di un liquore di sua invenzione, un distillato di tante spezie ed erbe a cui lo zafferano conferiva il caratteristico colore, prodotto ininterrottamente fino ai nostri giorni, con la sola eccezione del periodo della seconda guerra mondiale, quando lo stabilimento venne distrutto dai bombardamenti. Alla ricostruzione collaborarono, dopo la liberazione, gli americani, che avevano bisogno di qualcuno che producesse per loro del gin: con il ginepro raccolto sulle colline intorno alla città, la richiesta venne soddisfatta e la produzione riprese. Oggi alla Alberti si medita di tornare a distillare un gin tutto campano, come in quel periodo che vide la rinascita dell’azienda.
Il prodotto di punta, l’origine e il simbolo di questa ditta a conduzione familiare che ha fatto la storia di questo territorio, resta il liquore Strega, del quale si contano almeno 450 imitazioni (alcune esposte a futura memoria in una vetrina all’interno della fabbrica): un prodotto tutto naturale, ottenuto da materie prime vegetali, senza alcuna aggiunta di coloranti e aromi, per distillazione, non per macerazione, e che invecchia per almeno sei mesi in tini di rovere o di frassino.
Gli alambicchi restituiscono diversi distillati che vengono mescolati a formare un blend a cui si aggiunge sciroppo di zucchero e infine una tintura di zafferano (stimmi disciolti in acqua), ma a caratterizzare realmente il liquore è quel mix di una settantina di erbe e spezie il cui segreto è custodito con assoluto rigore. Lavanda e cardamomo, cannella e iride fiorentino, bucce di arance essiccate, genziana, ginepro, pepe della Giamaica, anice stellato, assenzio, e una menta speciale che cresce spontanea nel Sannio: tutte molite, accuratamente dosate e quindi inserite negli alambicchi a conferire all’alcol quell’aromaticità che fa dello Strega un unicum.
Poi ci sono i torroni e i cioccolatini, che del liquore sono in qualche modo figli: esemplari in questo senso il Pan di Torrone, in cui una copertura di cioccolato nasconde due strati di torrone separati da un pan di Spagna imbevuto di Strega, o i celeberrimi Goccioloni, cioccolatini ripieni di liquore realizzati con un procedimento ormai poco comune: in cassette piene di amido vengono praticate delle impronte in cui si cola una soluzione di liquore e zucchero. Il liquore, che resta liquido, viene così avvolto da una leggera crosticina amidacea, e quindi ricoperto di cioccolato, dopo la rimozione dell’amido in eccesso.
Ma anche le Magie (allo Strega, fondenti o al latte; alla noce, al caffè, al limoncello) e i classici torroni friabili o teneri, aromatizzati allo Strega e ricoperti di cioccolato, sono ormai dei classici.
E anche se oggi il cognome Alberti è andato perduto, giacché gli attuali dirigenti dell’azienda sono figli di donne Alberti, rimane la medesima famiglia a guidare, come da tradizione più che secolare, quella che appare una storia di successo di quell’artigianalità che si evolve senza snaturarsi, e che fa di una piccola realtà produttiva un modello, in qualche modo: da una ricetta immutata, materie prime naturali e fortemente caratterizzanti, è nato un prodotto che ha valicato i confini nazionali, e di molto.
E tra affiches innegabilmente artistiche e l’istituzione del più importante premio letterario italiano, ha fatto anche la storia della cultura di questo paese. Non lo dimentichiamo: fu Guido Alberti a fondare con Maria Bellonci il Premio Strega, nel 1946; nelle piccole sale espositive della fabbrica, l’ultima lavagna con la votazione 2016 e l’immagine di una storica lavagna dell’edizione del ’56 ci ricordano che mezzo pantheon letterario italiano deve qualcosa a un liquore speziato di un giallo abbagliante che ha saputo sopravvivere al mutare dei tempi.
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