“Ricca e ferace di prodotti è da ultimo la campagna. Il carciofo, il pisello, il cavolo ed altri ortaggi qui vengono primaticci, e menati in città fan pro all’agiato contadino; e questa fertilità de’ suoi campi, questa eccellenza de’ suoi cavoli fin da’ tempi del Columella erano in predicato.” (Viaggio da Napoli a Castellammare con 42 vedute incise all’acqua forte, Napoli, Stamperia dell’Iride, 1845)
I carciofi “primaticci”, precoci, di quella ferace campagna di cui si parla in queste righe, sono quelli di Castellammare, citati anche nel Breve ragguaglio dell’agricoltura e pastorizia del regno di Napoli di qua’ del faro (Napoli -Tipografia del Filiate Sebezio, 1845):
Del carciofo non ci ha varietà importanti nella Provincia, poichè generalmente è quello colle squame inermi, essendovi raro l’altro spinoso; se non che distinguono il primaticcio ed il tardivo. (…) Il primaticcio poi dei contorni di Napoli e di Castellammare seminano di autunno per coglierne le teste in primavera; raramente il serbano per averne i rimessiticci da produrre nell’estate.
Tondo e corpulento, dal caratteristico colore chiaro con sfumature rosa – viola, il carciofo violetto di Castellammare, presidio Slow Food, è un carciofo di tipo romanesco, una mammarella, o mammola, di grossa pezzatura, precoce perché raccolta già dalla fine di febbraio, che trae tutto il suo delizioso sapore dai terreni vulcanici ricchi di minerali in cui cresce felicemente sebbene in quantità purtroppo assai ridotte.
Ha qualità organolettiche davvero straordinarie ed è tipico della tavola pasquale, che arricchisce di un tale pregio da essere tradizionalmente portato in dono, raccolto in scenografici fasci che qualunque buongustaio troverebbe assai più seducenti di un mazzo di fiori.
Le sue origini si perdono nel passato, rimandano all’antica Roma, a tempi in cui l’area era già considerata particolarmente fertile e ideale, climaticamente, per la coltivazione di ortaggi e frutta.
I campi di carciofi della zona intorno a Castellammare di Stabia – l’area di produzione comprende i comuni di Gragnano, Pompei, Sant’Antonio Abate, Santa Maria La Carità, oltre a Castellammare – offrono uno spettacolo insolito e suggestivo: le prime infiorescenze, le cosiddette “mamme”, vengono protette coprendole con “pignatielli” di terracotta per difenderle dai raggi del sole o dalle intemperie, preservandone anche il colore; la pianta dà poi dei carciofi “figli” e pure dei nipoti, carciofi piccoli destinati ad essere messi in conserva (e nessun carciofino sott’olio regge il confronto, credetemi).
Il merito di averne rilanciato la produzione va tutto a Sabato Abagnale, oggi referente dei produttori del Presidio, che ha saputo valorizzare e difendere con passione vera un gioiello di questa terra dalle potenzialità incredibili, stretta tra il Vesuvio e il mare.
I carciofi di Castellammare trovano impiego in tante ricette del territorio: se le “mamme” vengono preferibilmente cotte alla brace o mangiate crude, o ancora lessate e consumate foglia a foglia, intingendole in olio e sale, i figli sono perfetti per la parmigiana e le parti di gambo più fibrose, che vengono di solito gettate, possono insaporire frittate o trasformarsi in creme ottime per condire la pasta o preparare risotti.
Ma per assaggiare questa autentica delizia degli orti campani bisogna affrettarsi: si raccoglie fino a maggio e non è semplice da trovare in commercio, anche perché gran parte della produzione finisce, non a caso, nelle cucine dei migliori ristoranti d’Italia.
Referente dei produttori del Presidio:
Sabato Abagnale
tel. 081 8735300 – 347 1135440
info@terraslow.it
www.terraslow.it
Responsabile Slow Food del Presidio:
Carmela Rita Abagnale
tel. 081 8710157 – 339 1298903
carmelarita.abagnale@email.it