Sono finiti da molto i tempi in cui il panettone era il dolce natalizio unicamente della città di Milano. Per fortuna sono finiti anche quelli in cui per mangiarne uno fuori da Milano bisognava rivolgersi a un prodotto industriale, spesso di bassa qualità, asciutto e insignificante.
È arrivato da qualche anno come un tornado, il panettone artigianale, anche a sud della pianura Padana, e ci si è messo comodo.
Così Re Panettone, la manifestazione intesa a promuovere il panettone artigianale d’eccellenza, nata nel 2008 da un’idea di Stanislao Porzio e da sempre celebrata a Milano, quest’anno è approdato a Napoli, omaggiando quel Mezzogiorno che negli ultimi anni si è espresso ai massimi livelli nell’arte del lievitato delle feste.
Al Grand Hotel Parker’s, in una due giorni di degustazioni e laboratori, l’artigianato ha esibito il meglio che ha da offrire, senza limiti geografici: dalla Lombardia alla Toscana, dalla Campania alla Puglia, 23 pasticcieri hanno dimostrato a chi ancora non lo sapesse che con lievitazioni accuratissime, senza conservanti, senza semilavorati e con grandi ingredienti si fa un prodotto che può essere esaltante, che ha una personalità molto spiccata, non omologata, che riflette lo stile, il gusto, l’abilità dell’artigiano che lo realizza. Un prodotto vivo.
Costa di più di un panettone industriale, come negarlo? D’altronde la qualità va pagata, nessuno può garantirne una elevata per pochi spiccioli; e anche il palato meno allenato, quando assaggia un panettone artigianale, acquisisce immediata consapevolezza della differenza.
Lui, il panettone artigianale, è un dolce vero, di pasticceria, non un tozzo di pane secco, sfornato mesi e mesi prima, da inzuppare nel cappuccino tra uno sbadiglio e l’altro. In più, nelle infinite varianti che affiancano la ricetta classica, la fantasia dei pasticcieri si sbizzarrisce fino a incontrare, in un modo o nell’altro, i gusti di chiunque. Anche quelli di chi, come me, non si strappa i capelli per la versione più tradizionale.
Oltre ai classici e alle variazioni sul tema dei maestri ormai affermatissimi (da Morandin ad Alfonso Pepe a Pasquale Marigliano), o alle deliziose creazioni di Carmen Vecchione, che conoscevo già molto bene, Re Panettone mi ha portato alcuni incontri davvero sorprendenti: quello con Vincenzo Tiri, pasticciere di Acerenza (PZ) vincitore nel 2014 del concorso per il miglior panettone artigianale organizzato da Gazza Golosa in collaborazione con Re Panettone, e con il suo meraviglioso panettone al caffè e cioccolato bianco.
Con il panettone con olio d’oliva e limone o con le olive candite di Opera Waiting, pasticceria di Poggibonsi, e quello di grano arso del Forno Sammarco di San Marco in Lamis, in provincia di Foggia, che mi ha incantata anche con una versione straordinariamente profumata di timo selvatico con rapa rossa candita, di dolcezza lieve e aromi veramente inebrianti.
E ancora, con la pasticceria Gabbiano di Pompei che ha offerto in degustazione la focaccia “Settanta9 d.C.”, dolce realizzato con l’impasto del panettone, glassato e arricchito con un mix di ingredienti (cannella, mele, noci) che intendono evocare gusti ed usanze della Pompei romana.
A ciascuno il suo, è il caso di dire, con citazione di cui si fa uso e abuso, ma che stavolta mi sembra appropriata.